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lunedì 8 ottobre 2007

Intervento di Ferdinando Boero

Intervento di Ferdinando Boero
DiSTeBA (Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche e Ambientali)


Due o tre anni fa venne in visita da noi un funzionario dell'Unione Europea, che parlò in occasione dell'inaugurazione dell'anno accademico, quando la prolusione la fece il costruttore abusivo prof. Cingolani. Quel signore disse, in estrema sintesi: il sistema Europa non si può più permettere un'università in cui tutti siano chiamati a far ricerca, perché stiamo spendendo troppi soldi per ricerca che non viene fatta. Ci sono due soluzioni. Una è di fare università di serie A, dove si fa didattica, si fanno dottorati, e si fa ricerca, e università di serie B, dove si fa didattica. Praticamente le universities e i college americani. Continua a leggere...

15 commenti:

Gruppo Promotore ha detto...

CONTINUAZIONE DEL POST:


L'altra soluzione è di identificare le aree eccellenti in ogni università e lasciare ad esse la serie A, mandando il resto in serie B. Nessuno ha il coraggio di fare questa scelta, perchè la maggior parte di noi forse non ha le carte in regola per restare in A e non vuole andare in B. Stiamo avendo forti messaggi che siamo più da serie B che da serie A. Nelle valutazioni CIVR (la Valutazione della Ricerca Italiana) siamo quasi sempre in fondo alle classifiche, i nostri dottorati hanno avuto valutazioni mediocri (solo due hanno preso la sufficienza), ci hanno tolto nove milioni di euro per come è stata organizzata la didattica. Per ora non ci hanno punito per le scarse valutazioni dei prodotti della nostra ricerca, ma verrà quel momento. Se non scegliamo noi di identificare su cosa puntare, verremo tutti risucchiati nell'abisso. Sta già succedendo. La risposta a questa situazione che richiederebbe una seria autovalutazione di tutto il sistema universitario che reazione ha avuto da parte del mondo dell'università? Nessuna. Però ci hanno pensato i giudici e i media. A seguito di denunce forse anonime i giudici hanno indagato sulle due persone più rappresentative di tutto l'ateneo. Il Rettore eletto per due volte di seguito e il ricercatore che ha parlato di fronte al Presidente della Repubblica: Roberto Cingolani, nominato anche cittadino onorario della città di Lecce. I giornali li hanno subito sbattuti in prima pagina e i due ne sono usciti molto provati. Uno si è dimesso e uno dice di volersene andare (ma forse ci saranno dieci milioni di buoni motivi perché resti). Forse tutti i mali della nostra università si riassumono in quelle due persone, entrambe responsabili di un settore ISUFI (forse l'eccellenza, magari anche autoreferenziale, sta cercando di venir fuori), e forse tutte le colpe sono le loro. Io ho i miei dubbi. Non riesco a vederne in Cingolani, e il rettore, a quel che mi risulta, ha operato sotto la tutela occhiuta di consiglio di amministrazione e di senato accademico. Tutti eletti dalla base. Poi i giornali e le televisioni continuano ad attaccare. I lupini, le auto affittate. Credo che gli esposti, anche anonimi, diano seguito a indagini obbligatorie. Il che significa che se io facessi diciassettemila esposti, uno per costruzione abusiva della sola Porto Cesareo, partirebbero diciassettemila indagini e avvisi di garanzia per associazione a delinquere? Mi dicono di sì e sono tentato di cominciare. Forse esiste una discrezionalità nell'indirizzare le indagini, ma questo non è il mio mestiere e non so. Mi pare di vedere un disegno predeterminato di distruzione dell'immagine della nostra Università. E mi chiedo dove si voglia andare a finire. Tutti si scagliano contro l'ISUFI, soprattutto quelli che non ne fanno parte, è ovvio. Concordo che sarebbe meglio fare una analisi molto accurata della produzione scientifica di tutti i membri dell'ateneo, magari affidandola a valutatori esterni, in modo da identificare dove stia l'eccellenza vera e non quella autoreferenziale. E poi si potrebbe chiedere che sia quella ad essere inserita nell'ISUFI. Ma non sento mai la parola valutazione. Mai. Temo che il disegno sia di distruggere l'immagine dei personaggi in vista in modo da far restare le cose come stanno, confidando nelle distribuzioni a pioggia che, fino ad oggi, hanno beneficiato tutti. Chi lavora non è contento, ma chi fa poco è contentissimo e non vuole che le cose cambino. Se siamo stati valutati poco, forse sono maggioritari quelli che fanno lavoro a basso livello che gli altri. E forse temono che alla fine l'Università di serie A sarà l'ISUFI e quella di serie B il resto dell'ateneo. Occorre più chiarezza, e bisogna difendere con tutte le nostre forze l'immagine della nostra Università. L'emergenza più grave è questa. Due candidati sono già stati "fatti fuori" in modi che non mi hanno convinto molto. Volano insinuazioni su tutti e si pensa di risolvere i problemi screditando gli avversari e non vantando i propri crediti. La base eleggerà chi vorrà e, una volta eletto, il nuovo Magnifico Rettore lavorerà. Certamente lo farà in un clima molto deteriorato. Spero che, se verrà costretto alle dimissioni prima dello scadere del mandato, questo sarà per motivi interni, con meccaniche istituzionali, e non per una campagna su bottiglie di vino e lavatrici. Ognuno, in democrazia, sceglie i rappresentanti che vuole, e se li merita. E' troppo facile dar la colpa a loro. La colpa è nostra.

Ferdinando Boero

Anonimo ha detto...

Mi lascia un pò perplesso questo accostamento fatto dal Prof. Boero.
Mette sullo stesso piano due persone che non hanno e non avranno mai niente in comune.
Se non mi sbaglio è stato direttamente il Prof. Cingolani a esprimere in un'intervista al giornale il suo rammarico per essere costretto a usare delle strutture abusive. Poi la magistratura di conseguenza ha indagato (e non poteva fare altrimenti probabilmente visto che la notizia era divenuta di dominio pubblico). Si cerca, non so con quale scopo, di mettere sullo stesso piano questo peccato veniale, commesso da uno degli Scienziati più famosi del mondo nel suo campo, che giustamente ci invidia tutto il mondo, con i reati gravissimi che vedono sotto indagine l'ex-Rettore e parte della precedente amministrazione.

Non ne capisco il senso, e non apprezzo neanche il generico qualunquismo con il quale si cerca di fare di tutta l'erba un fascio, accostando situazioni completamente diverse e cercando di far passare l'idea che tutti sono uguali. Non sono tutti uguali. C'è chi produce 20 articoli l'anno su riviste internazionali, chi non ne produce nessuna, e forse (questo ovviamente è compito della Magistratura appurarlo) chi fa "altro" a nome dell'Università.

Anonimo ha detto...

Mi piacerebbe chiedere al prof. Boero qual'è il suo pensiero sulla eventuale relazione esistente tra carenze e omissioni dell'operato della precedente gestione (intesa a livello di tutti gli organi accademici) e il verificarsi delle "catastrofi" descritte dalla stesso Prof. nel Suo intervento. E soprattutto, quali sono a Suo avviso le ragioni di tali carenze e omissioni.

Inoltre, se è pur vero che la colpa del deterioramento del nostro Ateneo non è da attribuire solo ai suoi rappresentanti, mi chiedo cosa sarebbe accaduto se giudici e media non si fossero occupati dei fatti dell'Università del Salento, quali picchi negativi si sarebbero toccati e oltrepassati....

Anonimo ha detto...

Caro prof. Boero,
sulla faccenda della seria A e della serie B la vedo un pò dura;
la vedo un pò dura a Lecce ma probabilmente sarebbe la stessa cosa anche in altri posti.
Non me l'immagino proprio qualche barone dei nostri che accetta di buon grado una valutazione
che lo retrocede nella serie cadetta.
Non so se lo ha notato, ma già su questo blog c'e' stato il prof. Forges Davanzati che ha
messo le mani avanti sulla questione dell'inaffidabilità degli impact factor per la valutazione dell'attività di ricerca.

Le faccio quindi una domanda: oltre ad indicare cosa fare (e la sua indicazione è assolutamente condivisibile),
non sarebbe soprattutto utile dire come procedere (alla Valutazione) e quali dovrebbero essere
le azioni da intraprendere per ottenere il consenso di TUTTA la classe docente?
(senza dimenticare che serie A significa, soprattutto, più soldi di serie B)
Ritiene che le attuali candidature sarebbero all'altezza del compito?

Cico Felipe Cayetano Lopez Martinez y Gonzales

Anonimo ha detto...

i commenti anonimi mi toccano poco. Chi vuol capire il senso del mio messaggio capisce, e chi non vuol capire prende pezzetti di un ragionamento e li rigira a favore della sua impostazione di vita, in questi due casi basata sull'anonimato.
La cosa che accomuna Limone e Cingolani, per esempio, è che dirigono due settori dell'ISUFI. L'altra cosa che li accumuna(va) è che sono (erano, ma Cingolani lo resta, e spero tanto che resti) le due persone più rappresentative della nostra Università. Sia Limone sia Cingolani non sono stati colpiti per la loro produzione scientifica (molto differente) ma per la gestione. In modi diversi davano comunque fastidio a qualcuno, e questo li accomuna. E sono accomunati dalla gogna mediatica a cui sono stati sottoposti. Entrambi con accuse pesantissime, se non vado errato. Tipo associazione a delinquere. Poi, magari, uno sarà innocente e l'altro colpevole. Per il momento sappiamo solo che sono entrambi accusati e che non ci sono stati giudizi in nessuno dei due casi. Non mi pare un ragionamento difficile. Uno ha giustamente ricevuto solidarietà da tutti. L'altro è stato immediatamente abbandonato da tutti quelli che fino al giorno prima lo lusingavano (e che lo avevano eletto). Forse abbandonato giustamente, ma allora era ingiusto lusingarlo e tirargli la giacca per avere attenzione. Le eccezioni critiche erano molto poche.
Tutto il mio intervento richiama alla necessità di fare attente valutazioni e quindi è contrario al qualunquismo delle divisioni a pioggia approvate sempre da tutti, perché tutti ne beneficiano. La passata gestione è frutto di due elezioni. Invece si vuol far passare l'immagine di un Rasputin che ha carpito la buona fede di tante povere verginelle, per fortuna salvate da interventi esterni. Rimane la tendenza a guardare il dito che indica e non quel che indica, e a scandalizzarsi se ha un'unghia sporca. E rimane la tendenza a sacrificare il capro espiatorio per poi continuare come sempre.
Le denunce anonime, i commenti anonimi, non fanno onore a chi li fa. I giudizi sommari e le reiterate accuse con condanne senza processo sono sintomo di qualunquismo distruttivo, e continuo a non capire dove si voglia arrivare con questo modo di operare.
Non ho espresso né condanne né assoluzioni per i due "colpiti". Non spetta a me farle e, in un paese civile, si parte sempre dalla presunzione di innocenza. Mi disturba il modo in cui si sono svolti i fatti. Mi disturba che, se mai fosse stato da rimuovere, Limone sia stato rimosso dall'esterno e non dall'interno. E mi resta la convinzione che se ci fossero state le condizioni per una sua terza candidatura sarebbe stato rieletto con un plebiscito. Ma questo non lo sapremo mai.
In inglese esiste un modo un po' forte per definire la situazione in cui ci siamo cacciati: the shit hit the fan. Penso che tutti sappiano cosa significi shit; in un libro ho visto tradurre fan con "fan", cioè il tipo che tifa per qualcuno. In questo caso vuol dire il ventilatore. E se si getta shit su un ventilatore alla fine si rimane tutti inzaccherati. Un altro modo di dire, sempre poco urbano (ma l'inglese stempera) è: one billion flies can't be wrong: shit is good. Tutti i gusti sono gusti, ma ho l'impressione che ci siano troppe mosche in giro. In altri ambiti li hanno chiamati corvi.
Scusate il continuo riferimento agli escrementi, ma la mia impressione è che ci siamo immersi fino agli occhi. Vediamo di uscirne. Ci vuole coraggio, anche il piccolo, piccolissimo coraggio di firmare i propri commenti.
E a chi mi chiede di chi sia la responsabilità della situazione, dico di rileggere le ultime parole del mio messaggio: per me la colpa è nostra. E la soluzione deve venire da noi. Con serie valutazioni del nostro operato e forse anche con un po' di autocritica. Dare tutta la colpa a Limone mi pare un poco... minimalista.
Ferdinando Boero

Anonimo ha detto...

Caro prof. Boero,
sono assolutamente d'accordo con Lei, la colpa è Vostra, Vostra della classe docente.
E' Vostra perchè pur avendo un potere enorme (è fuori discussione) spesso cedete alla logica dell'orticello
(non mi riferisco esattamente a Lei perche' non La conosco) e allora chi se ne frega dell'etica,
della correttezza e del resto, l'importante e' che abbiate i Vostri fondi, il posto per il ricercatore meglio se poi è figlio e... poi si vede.
Sta succedendo in questo momento, esattamente mentre Le scrivo, che ci sono alcuni "ufficialmente"
schierati da una parte che si accordano sotto banco per avere qualcosa in cambio dall'altra se...
(giusto per rimanere in tema di shit...)

E' evidente inoltre che, nel bene o nel male, il personale tecnico amministrativo
non è, o lo è molto marginalmente, nell'elenco dei destinatari della Sua denuncia... così è...

Una parola sull'anonimato. E' facile parlare da una posizione di intoccabile:
per quanto possa andarLe male avrà, sicuramente con merito, sempre le spalle coperte
almeno economicamente.
Aspettiamo tempi migliori per avere la possibilità di esprimere apertamente il dissenso,
per adesso è più intelligente evitare di fare la fine di (fessi) donchisciot...

Cordialmente

Tecnico Amministrativo, più tecnico che amministrativo

Anonimo ha detto...

Caro Ferdinando,
Non mi sembra che sia possibile confondere la posizione del prof. Limone con quella del prof. Cingolani: il primo è accusato di gravi reati di fatto riconducibili ad un appropriazione personale di risorse pubbliche, il secondo è stato COSTRETTO ad un illecito edilizio per alloggiare i suoi collaboratori e le sue attrezzature. Spero che entrambi dimostrino la loro estraneità agli addebiti contestati, ma mi sembrano due fattispecie molto diverse, non facciamo tutta una pappa indistinta. Parimenti, non diciamo che siamo tutti colpevoli, e quindi nessuno è colpevole: è un pò troppo comodo.
Il problema non è lo specifico dell'inchiesta giudiziaria, ma il fatto che la nostra università è agli ultimi posti delle varie graduatorie, e si trova un bilancio in pessime condizioni, con nessuna risorsa disponibile. Questo è il punto, dove andiamo in queste condizioni? Se vogliamo uscire dal baratro dove siamo sprofondati, e lo vogliamo fare dall'interno, e non posso che essere d'accordo con Te, cerchiamo di capire chi abbia almeno tentato di evitare la situazione che si è creata. La colpa non è di tutti noi, indistintamente, ma ci sono invece precise responsabilità. In questa Università c'è tanta gente che ha lavorato duro, e non si meritava tutto questo.
Ciao
Antonio Ficarella

Anonimo ha detto...

Rispondo al tecnico amministrativo, ovviamente anonimo (forse terrorizzato da feroci ritorsioni da parte di qualche barone frustrato). Quando dicevo la colpa è nostra ci mettevo dentro tutti, anche il personale tecnico amministrativo. Ma è ovvio che maggiori onori portano a maggiori oneri e quindi sono i docenti prima di tutto a essere responsabili, ma non solo. Chi ha il posto fisso è tranquillo e molto spesso sono i precari a sopportare i maggiori carichi di lavoro. Spesso anche di tecnici e di amministrativi. Più degli amministrativi che dei tecnici, forse. Visto che gli amministrativi sono maggioritari. Non è dandoci la colpa l'un l'altro che arriveremo a uscire dal pantano. Dobbiamo tutti fare un passo indietro. E ognuno deve capire che può fare, senza pensare sempre che la colpa sia solo degli altri.
La valutazione deve essere comparativa all'interno dei settori. Ogni docente ha una pagina cineca. In quella pagina deve mettere tutti i prodotti della sua ricerca. Pochi lo hanno fatto. E' logico che uno che lavora a scienze pubblica principalmente su riviste con fattore di impatto. Chi lavora in giurisprudenza non ha gli stessi canali. Non possiamo pensare di chiedere ai giuristi di pubblicare su riviste internazionali, a meno che non si occupino di diritto internazionale. però possiamo chiedere all'esterno una "pietra di paragone". Cosa ha fatto il miglior giurista d'Italia? Quanto si allontana da lui il miglior giurista che abbiamo, in termini di prodotti della ricerca? Il migliore dei nostri diventa la pietra di paragone di tutti gli altri. Non è una cosa difficilissima da fare. Ma non possiamo alzare il polverone dell'impossibilità di valutare perché le aree sono disomogenee. Ho espresso giudizi poco lusinghieri su un collega di matematica che compariva con una produzione miserrima sul web of science. Poi ho capito che i matematici hanno altri database e ho riguardato, e ho visto che, ad una valutazione comparativa all'interno di quel settore, quel collega era messo benissimo. Mi sono scusato e ho fatto ammenda. Il nostro mestiere è valutare gli studenti agli esami. Però non ci piace essere valutati. A nessuno piace. A nessuno piace essere visitato per diagnosticare possibili problemi alla prostata. Ma se non si fa, magari poi si muore. Per gli amministrativi si può pensare di fare una semplice valutazione: quanto ci vuole perché una pratica venga espletata? Da quando la si invia a quando si vede il risultato? Quante volte bisogna sollecitare, pregare, implorare, chiedere per favore quel che dovrebbe essere un diritto derivante da un dovere? Penso che molti abbiano sperimentato situazioni di scarsa soddisfazione. Io passo più tempo a svolgere pratiche amministrative che a fare ricerca. Invece di trovare soluzioni spesso avviene che si sollevino ulteriori problemi, e gli adempimenti sono sempre prioritari rispetto agli obiettivi.
Non ci sono facili autoassoluzioni in questa faccenda. Io sinceramente non lo so come uscirei da una valutazione comparativa che mi confronti con i miei colleghi a me "omogenei". Non lo so. Oppure un po' lo so, perché il web of science lo so usare. Però so che non c'è solo l'impact factor, che ci sono le citazioni, gli half life, le aree con diversi tipi di fattori di impatto, e non ci sono solo le riviste, etc. etc. Ma forse sto facendo gli stessi errori che ho fatto valutando il mio collega matematico, che per fortuna mi ha perdonato.
Non abbiamo bisogno che vengano da Bologna a spiegarci come si valuta. Basta il sito cineca. I dati sono lì. E forse siamo capaci anche noi ad analizzarli. Se ce li mettiamo.
Mi pare evidente che l'università non stia tanto bene. Facciamo conto che sia un malato. Che fa un dottore? Prima fa una diagnosi, identifica la malattia e si chiede come mai ci sia stato il contagio, perché magari occorre rimuoverne le cause, altrimenti è inutile la cura. Poi fa la prognosi e dice quanto ci vorrà per uscirne, e poi prescrive una terapia. Proporzionata all'entità della malattia. La valutazione, in questo caso, è la diagnosi. Ma non basta la diagnosi, da sola, a curare la malattia. E la diagnosi non è solo l'identificazione del male (ho mal di testa) ma anche l'identificazione delle sue cause (ho mangiato peperoni o ho un tumore?). Noi abbiamo curato il mal di testa tagliando qualche testa. Potremo mettere un altra testa, ma il corpo è sano? tutti i mali erano nella testa? o ci faceva male per motivi che magari erano nel colon? Un fatto è certo, siamo malati. E non guariremo senza opportune misure. Ogni organo dice che la malattia sta negli altri organi. tra poco daremo la colpa agli studenti. E un po' ce l'hanno anche loro, visto che pare siano molto restii a pagare le tasse. Comunque concordo che le responsabilità sono proporzionate ai ruoli.
La volete tutta? Io non avrei il coraggio di fare il rettore. Perché so che non riuscirei a fare quel che penso bisognerebbe fare. E ho paura che non ci riuscirebbe nessuno. Prima dobbiamo cambiare atteggiamento tutti. Poi si può cominciare a pensare a che fare. Ma lo sport nazionale è dare la colpa agli altri, e non assumersi mai alcuna responsabilità. Per fortuna non hanno ancora pensato alle università di serie C.

Anonimo ha detto...

Caro Nando,
preciso la mia posizione, giacché chiamato in causa dall'anonimo. Sono intervenuto, in un post precedente, sui limiti degli impact factor e potresti tu spiegare molto meglio di me perché il loro uso può generare effetti perversi in alcuni ambiti disciplinari (l'economia, nel mio caso) e perché talvolta sono del tutto inutilizzabili.
Ciò non toglie che criteri di valutazione della ricerca vanno adottati e, almeno nel mio settore disciplinare, il dibattito su questi aspetti è da tempo molto intenso.
La creazione di un'Agenzia interna di valutazione - che si attenga ai parametri ministeriali e contribuisca a ridefinire la ripartizione interna delle risorse - credo che possa essere di qualche utilità. Naturalmente, non si può escludere che, anche in questo caso, si generino effetti di 'cattura' da parte di gruppi interessati semmai a non essere valutati, o non capiscano il significato stesso della valutazione. Ma se così stanno le cose, e se l'unico cambiamento che riusciamo ad auspicare è un cambiamento di "atteggiamenti", mi pare che siamo messi davvero male.
Cari saluti
Guglielmo Forges Davanzati

Anonimo ha detto...

Rispondo a Guglielmo Forges Davanzati sui fattori di impatto.
Caro Guglielmo, il sistema dei fattori di impatto è altamente imperfetto, ma è un sistema. Occorre applicarlo in modo omogeneo all'interno delle varie aree disciplinari. In più, l'Institute for Scientific Information, che attribuisce il fattore di impatto alle varie riviste, non è attendibile per discipline come la matematica o la zoologia sistematica. Oltre al fattore di impatto, poi, c'è l'emivita delle riviste, ed è anche importante il numero di citazioni per articolo. Sempre all'interno di aree tematiche omogenee. Per il momento, sono più "furbe" le aree che propongono di usare esclusivamente il fattore di impatto, solo perché ne escono avvantaggiate.
Occorre correggere, ma occorre comunque valutare. E sarebbe meglio che cominciassimo noi, che altrimenti ci ritroveremo ad essere valutati da altri.
Ci sono aree che, se non vado errato, non hanno grande produzione scientifica. E i docenti si limitano ad insegnare, per lo più praticando poi la libera professione. Un giurista che faccia materie che non prevedono contatti internazionali raramente pubblicherà su riviste internazionali. E forse non farà ricerca scientifica come la intendiamo noi a scienze. Con le dovute eccezioni. Mi pare che al CIVR ci siano state difficoltà a trovare prodotti da presentare in quell'area, in tutta Italia. Caso strano, se uno parla delle università più rinomate, tipo la Bocconi o la Luiss, magari vien fuori che fanno pochi corsi di laurea e che sono più che altro delle teaching universities, tipo le università di serie B di cui parlavo nel mio primo intervento.
Quanto agli atteggiamenti, io credo che siano estremamente importanti. Invece di atteggiamento potrei dire "filosofia", "impostazione mentale". Se tutti rifiutano le valutazioni, o se le accettano a patto che siano segrete e che nessuno sappia nulla e che non vengano poi usate per attribuire risorse ai più produttivi e toglierne ai meno produttivi, allora non ci sono margini di miglioramento.
Tutti dobbiamo fare un pochino di autocritica. L'atteggiamento prevalente è quello di dare la colpa agli altri o di dire che comunque tutti fanno in questo modo e quindi va bene così.
Le valutazioni della didattica da parte degli studenti sono segrete. E si viola la privacy se si rendono pubbliche. A me piacerebbe un po' di trasparenza. Perché continuare a dare incarichi a persone che prendono 18/100 dai loro studenti? Il fatto che le votazioni diventino pubbliche potrebbe portare prima a vergogna e poi a eventuali scatti di orgoglio.
Lo ripeterò fino alla nausea: l'amministrazione precedente non mi pare tanto differente da quelle passate. Ed è stata espressione della volontà democratica dei votanti. Se non andava bene, allora vuol dire che la maggioranza dei votanti ha cambiato idea sul proprio atteggiamento nei confronti dei propri diritti e doveri verso l'università. E ha deciso di rompere con un passato che fino ad ora ha accettato senza problemi.
Questo atteggiamento non è esclusivo dell'università di Lecce, ma io vivo e lavoro qui da venti anni e per me è diventato il centro del mondo. Intanto vorrei vedere dei cambiamenti qui. E non vorrei giustificare il nostro modo di operare con il fatto che sia omologo a quello di tutti gli altri. E' un atteggiamento che non mi soddisfa. Il nostro obiettivo dovrebbe essere non di essere come gli altri, ma di essere meglio.

Alen't... ha detto...

Chiedo all'anonimo "tecnico amministrativo" di ri-inviare i propri commenti evitando apprezzamenti e giudizi personali su altre persone.

Anonimo ha detto...

La discussione sugli Impact Factor è sicuramente interessante.
Però prima di chiedersi cosa fare, bisognerebbe chiedersi chi possa farlo. Tutti questi commenti, pur interessanti in senso lato, hanno la capacità di spostare il fulcro del problema attuale: il 22 ottobre si decide il futuro di quest'Università. Non è vero che tutti sono uguali e non è vero che tutti sono capaci allo stesso modo. E' su questo che ha senso discutere, perchè questa decisione è talmente importante che riduce tutto il resto a pure e teoriche discussioni fra Accademici. Se quest'università non avrà una diversa gestione, diventeremo presto di serie Z, quindi non ha senso parlare e parlare di cose che saranno comunque difficilmente attuabili senza un preciso cambio di rotta il 22 ottobre. Parliamo di questo, parliamo dei candidati e di quello che possono fare. Questa è la cosa fondamentale per l'Ateneo in questo momento.

Ci sono 5 candidati Rettore, di cui 3 hanno deciso il confronto democratico sui programmi e il dibattito con l'elettorato, 2 hanno deciso che possono essere votati anche sulla base del niente che hanno detto fino al 12 ottobre (non essendo candidati). Leggo dal Quotidiano di oggi che si prevede (previsioni affidato al Mago Otelma credo) che il preside di Lingue intercetterà le eventuali schede bianche. Due domande sono naturali :
chi ha detto che ci saranno schede bianche;
e se eventualmente ci fossero perchè costoro dovrebbero votare una persona che ha volontariamente deciso di candidarsi senza presentare un programma e senza discutere con nessuno.

Parliamo del perchè la stampa locale cerca di indirizzare l'elettorato senza basarsi su nessun fatto concreto ma solo sulla base di illazioni e assunzioni artificiose. E soprattutto speriamo che quest'Ateneo dimostri di essere ancora tale, spazzando via i rigurgiti della precedente gestione (e non vi sarà difficile capire quali dei candidati stanno facendo questo gioco), e ricominci la sua storia dal punto zero.

Anonimo ha detto...

Sono d'accordo con Nando Boero: la valutazione della ricerca (ma con tutte le considerazioni che si fanno - anche in ambito internazionale - sulla scarsa attendibilità di alcuni indicatori) è assolutamente necessaria. E continuo a ritenere possibile e auspicabile un'Agenzia interna di valutazione, ovviamente con pubblicità dei risultati.
Per il resto, non so chi fra i candidati possa impegnarsi in tal senso e, per quanto mi riguarda, non so neppure da dove cominciare a impostare, con un anonimo, una discussione sulla credibilità dei singoli.
Poiché penso che l'Università del Salento non è un regime, e non lo sarà con nessuno degli aspiranti al Rettorato, confido nel fatto che il tema - rilevantissimo - verrà affrontato.
Cordialità
Guglielmo Forges Davanzati

Anonimo ha detto...

Vedi, Guglielmo, il problema è che confidi che il tema verrà affrontato. Sto parlando della valutazione. Non sto sputando nel piatto dove mangio. La situazione Leccese è identica a quella di tutte le università italiane. Ma nei paesi, che so, del G8-1 se uno non produce scientificamente viene messo da parte, non può stare nell'università. Non in una vera università. Va a far lezione in un college. Da noi chi parla di valutazione non parla di che si fa con quelli che non producono. E sai perché? Perché sono la maggioranza. Abbiamo fatto delle inchiestucce in due raggruppamenti concorsuali, a livello di società scientifiche, per tutto il paese, e abbiamo trovato dati sconfortanti. La maggior parte dei ricercatori ha ricevuto un posto a vita con zero lavori con fattore di impatto. Non è colpa loro, il posto glielo abbiamo dato noi. Che stimolo avranno questi in futuro? In compenso ci sono quelli con i lavori che devono emigrare. Vedi, abbiamo finito un concorso a ricercatore di zoologia all'ISUFI e lo ha vinto un candidato che ha al suo attivo decine e decine di lavori con fattore di impatto. Più della media degli ordinari dello stesso raggruppamento. Un sindacato mi ha criticato, perché è genovese. Nel laboratorio di zoologia, c'è un ordinario nato a Genova, un altro ordinario nato a Taranto, un associato nato a Roma, uno nato a Palermo, un ricercatore nato a Milano, uno nato a Napoli e uno nato a Genova. Lo staff tecnico è tutto salentino. E' quel che accade in tutte le università del mondo. E non ci sono pendolari. I sindacati criticano perché non ci sono salentini. Ma siamo impazziti? Bisogna prendere i migliori, senza guardare la provenienza. Non esiste altro modo. Ho scritto al sindacato che mi ha criticato (in forma anonima, ovviamente, col riparo della sigla), anche a Roma, chiedendo un confronto sul merito, facendo comparazioni tra la produzione scientifica del laboratorio con quella di un qualunque laboratorio analogo in Italia, e anche in Europa. Nessuna risposta. Comunque la comparazione l'ha fatta la società scientifica alla quale apparteniamo. Siamo al terzo posto in Italia. Ma è stata fatta senza l'ultimo arrivato. Ho fatto il primo spin off dell'Università del Salento (e anche il primo di quella di Lecce). C'è voluto un anno e mezzo per avere tutte le scartoffie. Roba da esaurimento nervoso. Non sono contento di aver dovuto mostrare le credenziali. Non dovrei essere io a farlo. Ma l'attacco dei sindacati mi ha fatto imbestialire. A volte riemerge il portuale genovese che c'è nel mio DNA.
Mi soffermo molto sui docenti perché sono quelli con maggiori privilegi, ma lo stesso atteggiamento (sì, atteggiamento) lo ritroviamo in tutte le componenti, inclusi gli studenti che, con cotanti maestri, non possono che imparare una lezione. Se sono qui a scrivere, vuol dire che confido in qualcosa, che non mi sono arreso. Conosco tanta gente in gamba in questa università, che poi è la mia casa. Il problema son quelli che non conosco, probabilmente, che non ho mai visto. Gli anonimi.
Ho deciso per chi votare, anche se nessun programma mi convince. Ma poi siam tutti bravi a fare i programmi. Quel poco che ho realizzato qui è stato possibile perché Lecce me lo ha permesso, perché mi ha dato l'occasione. Occasione che a Genova non avrei mai avuto. Avrei potuto avere il programma migliore del mondo, arrivando qui venti anni fa, ma sarebbe rimasto carta se non fosse stato per l'ambiente che ho trovato. Il bello è che non ce l'avevo, un programma.
Chiudo con questo pensierino: Chiunque vinca, avrà la vita dura e dovrà fare cose impopolari. Se vorrà fare il bene dell'università. Ma se dispiacerà a qualcuno potrà sempre essere eliminato con qualche denuncia anonima. Funziona benissimo.
fboero

Anonimo ha detto...

Caro Nando,
a) sulla salentinità. Come te, vengo da una città 'dura' e di mare (Napoli) e nelle Università di quella città una selezione fatta sulla base del luogo di nascita sarebbe vista come il de profundis dell'Istituzione. E non sto parlando di Cambridge, Oxford, MTI. Anche a me è capitato e capita di sentire qui discorsi del genere, e, pur lavorando da dieci anni nell'Università di Lecce-Salento, francamente non riesco a capirne le ragioni. Nota che, nel "programma" che abbiamo scritto con gli altri colleghi di questo gruppo, si fa riferimento ad assegni di ricerca di durata pluriennale che consentano ai giovani locali almeno un soggiorno all'estero. Nell'unico articolo che ho scritto sulle elezioni del Rettore, ho cercato di mettere in evidenza come il principale problema che fronteggiamo è la "doppia velocità" dell'Università italiana (ed europea, e internazionale).
b) Sul punto specifico della valutazione. E' vero che essere valutati non è piacevole soprattutto se non si scrive da anni, ma è anche vero che perdere soldi non è piacevole. La linea ministeriale, su questo punto, mi pare definita e irreversibile. Quando il nostro futuro Rettore si accorgerà che, in questo assetto istituzionale, non si può andare avanti senza verifiche di merito (su ricerca, didattica, sbocchi occupazionali dei CdS), il cambio di rotta sarà inevitabile.
Mi si dice, riguardo ai laureati disoccupati che produciamo, che le Università del Sud svolgono anche la funzione di ammortizzatori sociali. OK. Ma non mi pare che si possa dire lo stesso per la ricerca, a meno di non sostenere che ne facciamo poca perché siamo oggettivamente penalizzati in quanto a collocazione geografica e che, per andare negli Stati Uniti, dobbiamo sopportare un viaggio più lungo dei nostri colleghi romani o milanesi.
Un caro saluto
Guglielmo