Presidente Corsi di laurea “Cooperazione e sviluppo”
(articolo proposto alla Gazzetta di Lecce il 7/10/07)
E’ bene mettere le cose in chiaro, perché nessuno dica domani: “non lo avevo capito”. Questo confronto elettorale per il rettore non ha niente a che fare con la salentinità (argomento ridicolo) né con i pettegolezzi sui candidati, e nemmeno con gli schieramenti politico-sindacali. Ad esempio, io sono iscritto alla CGIL, appoggio Laforgia con tutta convinzione, e non sono certo l’unico. Non so se Laforgia è iscritto ad un partito o ad un sindacato, e quale sia. In verità non mi interessa. Infatti il confronto riguarda soltanto due modi diversi di concepire e di praticare la gestione dell’ateneo. Continua a leggere...
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Ce n’è uno (quello degli ultimi anni) basato sulla mediazione fra gli interessi delle corporazioni e dei potentati. Che cerca ogni occasione, non per far progredire l’ateneo, ma per acquisire potere, denaro e posti. E per spartire potere, denaro e posti. Dove alla concorrenza meritocratica si è sostituita la prepotenza dei più forti e l’indifferenza verso le regole.
Questo tipo di gestione non si fa domande, ad esempio, sull’efficienza degli apparati o delle biblioteche o della didattica; sugli spazi per gli studenti; su quanti studenti mandiamo all’estero; su quanti trovano lavoro dopo la laurea ed entro quanto tempo; e così via. Sono domande che qualunque ateneo minimamente efficiente si pone ogni giorno. Ma i nostri gestori avevano ben altro a cui pensare (il tale concorso, la tale presidenza, il figlio di quello).
L’esperienza ci mostra che quel tipo di gestione nell’immediato danneggia i più deboli; ma alla lunga danneggia tutti. Quando l’inefficienza e il malcostume crescono (sono cose che vanno insieme) e l’immagine dell’ateneo si appanna, allora tutti noi perdiamo finanziamenti ministeriali, docenti seri (che si trasferiscono), studenti bravi (che si iscrivono altrove), numero di iscrizioni e credito professionale.
C’è invece un altro modo di concepire la gestione dell’ateneo. Esso si propone una sola cosa: far crescere la qualità della ricerca e dell’insegnamento. Perché questo può frenare l’emorragia di cervelli; crea collaborazioni vere con le imprese, gli enti, le associazioni di categoria; attiva processi di collaborazione internazionale e di qualificazione degli studenti all’estero; opera per lo sviluppo del territorio.
Facile a dirsi. Quale candidato non sottoscriverebbe queste prospettive? Il fatto è che per ottenere tutto ciò bisogna affrontare i problemi con un’ottica opposta rispetto alla gestione passata, puntando al controllo della produttività in ogni aspetto del nostro lavoro; e al prevalere dell’interesse di tutti sugli interessi particolari. Bisogna selezionare e promuovere in base al merito, imporre il rispetto delle regole, premiare i progetti migliori.
Perciò, per votare, non guardate alla tessera sindacale. Guardate, sì, alle dichiarazioni e ai programmi. Ma soprattutto chiedetevi che cosa facevano i vari candidati durante la passata gestione.
Cosimo Perrotta
Da iscritto ad una sigla sindacale apprezzo molto il commento del Prof. Perrotta, e credo che sia molto significativo perché potrà dare coraggio a molti grandi elettori, di ogni schieramento e di ogni appartenenza, consentendo loro di ritenersi liberi dalle strategie di parte e di votare secondo coscienza il candidato ritenuto maggiormente meritevole per ricoprire la carica di Rettore.
Da impiegato tecnico-amministrativo devo dire che il meccanismo di partecipazione al voto attualmente vigente, insieme alla indisponibilità di informazioni sui candidati e sui loro programmi, ci ha costretto a dare una delega in bianco al sindacato e a rinunciare alla nostra capacità di scegliere a chi indirizzare la nostra preferenza, la quale sappiamo vale 1/5 di quella di un docente di prima, seconda o terza fascia (se già esistente).
Oltre a pesare per un quinto, la nostra preferenza è condizionata dalla discrezionalità del cosiddetto grande elettore di dirigere il proprio voto verso il candidato che, almeno inizialmente, il sindacato e/o egli stesso abbia dichiarato di voler sostenere. Questo meccanismo è destinato a condizionare, se non a falsare, la competizione elettorale almeno per una parte corrispondente al 20% dei voti.
La questione del "peso" del voto del personale tecnico-amministrativo non è quindi cosa da poco, né cosa che ciascun candidato possa liquidare in maniera generica dichiarando che a tutti debba essere riconosciuto il diritto di voto in "maniera pesata". Dichiarare apertamente a quanto debba corrispondere il peso di questa tipologia di voto sarebbe quindi dovere di ogni candidato; sulla base di tale dichiarazione i rappresentanti del personale tecnico amministrativo potrebbero opportunamente orientare la loro preferenza. Questo sarebbe inoltre un buon modo per capire qual'è il valore che ogni candidato dà al personale tecnico-amministrativo rispetto al personale docente.
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