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giovedì 20 settembre 2007

Intervento di Stefano Cristante

Per una università di vetro

di Stefano Cristante
docente di Sociologia dei fenomeni politici all’Università del Salento


L’Università di vetro che ho in mente è l’immagine di una comunità che riflette su se stessa davanti ai cittadini. L’università è (dovrebbe essere) di tutti, perché è il luogo principale della formazione culturale collettiva. E’ in primo luogo dei giovani, ma non solo dei giovani. Chiunque può entrare all’università, chiunque può ascoltare una lezione, chiedere di visitare un laboratorio, prendere parte a un convegno scientifico o a un seminario di studi.. Occorre praticare oggi un’esperienza diversa e più avanzata di relazione strategica tra saperi universitari e territorio. Continua a leggere...



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2 commenti:

Gruppo Promotore ha detto...

CONTINUAZIONE DEL POST:

All’ immagine dell’Università di vetro va associata ovviamente anche la massima trasparenza delle procedure e delle voci di spesa del budget, a garanzia del fatto che i cittadini incontrino una istituzione nella quale essi possano riporre fiducia. Dentro l’università chiunque ha il diritto di esplorare. A cominciare dalla Magistratura se ravvisa eventuali elementi di illecito. Come ogni docente di buon senso mi auguro che i vertici universitari indagati possano uscire da questa situazione dimostrando la propria estraneità ai fatti contestati.

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Chiunque sarà eletto rettore alla fine del mese di ottobre dovrà lavorare per estendere la fiducia dei cittadini nei confronti dell’Università del Salento. Penso a tre necessità strategiche. La prima riguarda un nuovo e più robusto sostegno alla formazione. E’ necessario che riparta al più presto una stagione di investimenti sulla didattica e sulla ricerca che, se non possono essere interamente sostenuti dai budget universitari, devono al più presto incontrare investitori istituzionali (Comune, Provincia e Regione innanzitutto) e verificare, nel pieno rispetto dell’autonomia dell’Università, la consistenza effettiva di eventuali investitori privati. Penso che siano demenziali gli atteggiamenti di chi si fa paladino di un’irruzione delle aziende nell’università (secondo una visione spesso mitizzata delle università americane), così come mi sembrano stantii e anacronistici i pareri di chi inorridisce al solo pensiero che l’università non sia dei soli “baroni”. Costoro non hanno il coraggio di prendere atto che un luogo come l’università deve aprirsi all’esterno se non vuole morire tra i sussulti di mandarinati necrofori.

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La seconda strategia per far crescere la fiducia dei cittadini salentini verso l’Università è la creazione di comunità. Non penso solo a comunità di accademici aggregati dallo specialismo, ma a intrecci guidati e sistematici tra argomenti e metodi delle scienze “esatte” (espressione sempre più imprecisa, a cui è preferibile l’espressione anglo-americana di hard sciences) e argomenti e metodi delle discipline umanistiche. Pur avendo le facoltà scientifiche nel loro complesso raggiunto risultati che sono certamente di eccellenza, sarebbe superficiale non cogliere i risultati raggiunti dalle scienze sociali e dai saperi umanistici in genere all’Università del Salento. Intanto valuto con soddisfazione che il numero dei docenti di scienze sociali a Leccce e Brindisi sia aumentato considerevolmente nel corso degli anni. E ciò ha significato anche una maggior capacità di comprensione sociale del territorio, la nascita di gruppi di ricerca sulla cultura espressa da questa terra bellissima e piena di contrasti, la creazione di osservatori su questioni decisive come i media, le migrazioni e la condizione femminile. Chi ha creato e garantito questa comunità è oggi uno dei candidati alla carica di Rettore. Inoltre ho constatato che un’idea che sembrava velleitaria e affrettata, quale la costruzione di un nuovo polo universitario a Brindisi, è stata condotta in porto in tempi tecnici da cardiopalmo ma in modo senz’altro positivo sempre dalla stessa persona.
La persona a cui mi riferisco è Marcello Strazzeri. Penso di agire con onestà intellettuale se dichiaro che mi sento vicino dal punto di vista strategico all’idea che porta avanti Marcello ormai da molti anni. Lo conosco da sette anni, da quando mi accolse a Lecce per un incarico di supplenza al corso di laurea in filosofia. Venivo da Roma, dove ero ricercatore alla Sapienza e non avevo mai visitato il Salento. Era il 2000. Da allora la nostra collaborazione è stata episodica ma, almeno dal mio punto di vista, assai istruttiva. Credo che conoscere Strazzeri e riconoscergli capacità diplomatiche sia fatto abbastanza comune. E le capacità diplomatiche sono un bene scarso del nostro lavoro e del nostro tempo: siamo tutti immersi in un solipsismo della ricerca che ci obbliga a una frustrante cellularizzazione del lavoro intellettuale. Il fatto di parlare con Marcello mi ha sempre coinvolto a un livello di maggior interesse: a me piace che le cose vengano spiegate senza perdere di vista le questioni centrali e il rispetto dell’altro. Atteggiamenti che riconosco – come tanti - a Strazzeri. Inoltre vedo che il gruppo dei suoi collaboratori si fa in quattro. E non per la campagna elettorale. Tutti i giorni.

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Credo che l’ateneo salentino abbia bisogno in questa fase di una guida esperta, e non di un giovane. Lo dico contro i miei stessi interessi, visto che sono un docente cosiddetto “giovane”. Il sottoscritto e molti altri non ritengono di essere degli incapaci. Solo che la perversa mitomania della burocrazia universitaria ha prodotto, per i propri enormi deficit cognitivi e operativi, un blocco di carriera. I professori ordinari, quelli che contano davvero, sono sostanzialmente gli stessi di 10 anni fa. Qualcuno nel frattempo ha avuto un concorsino, ma si è trattato di prove infrequenti e appartate, più per sistemare alcune posizioni pensionistiche che per meriti scientifici, pur magari presenti.
Si può essere eletti Magnifici Rettori solo se si appartiene alla casta degli ordinari, gli unici legittimi possessori di cattedra. Noi, gli associati, facciamo esattamente le loro stesse identiche cose: lezioni, ricevimenti, seminari, esami, tesi di laurea, incombenze varie. Ma se un associato ha produzioni scientifiche e didattica migliori di un ordinario ciò non influisce minimamente sulla presa delle decisioni riservate agli ordinari. Essi sono di una serie superiore. Serie A. Noi, che siamo la serie B (e i ricercatori, che sono la serie C), possiamo eleggerli ma non essere eletti. Prima ci spetta un concorso mandarinico da superare. Solo che il concorso non viene bandito. Eccetera eccetera. Conviene quindi che si cambino i regolamenti universitari, e si accetti l’idea che esistono categorie di lavoratori della conoscenza più o meno specializzati e non caste insopportabili e, se ci si pensa su un attimo, davvero ridicole. Nel frattempo è meglio attrezzarsi a ideare e sostenere progetti di innovazione guidati da un rettore esperto ed equilibrato.

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Occorrerà precisare, per chiunque sia eletto rettore, come si intenda praticare uno stile universitario che non favorisca gruppi lobbistici di settori accademici ma favorisca piuttosto l’intreccio tra i saperi e la valorizzazione di tutte le risorse interne. In questo senso moltiplicare gli inviti a docenti e ricercatori stranieri di chiara fama comporterebbe un accrescimento del nostro patrimonio cognitivo che, come è sfuggito e sfugge a molti, è la nostra ricchezza principale.
Aprire all’innovazione universitaria dalla postazione di una persona che ha svolto attività politica per molti anni può apparire contraddittorio. Non lo è a mio avviso nel caso di Marcello Strazzeri. Ciò che penso è che Strazzeri per alcuni anni ha fatto politica e ha insegnato all’università e che, a un certo punto, dopo due mandati come consigliere regionale, ha investito le sue energie interamente sull’università. I risultati raggiunti – e questo per un veneziano figlio di mercanti è decisivo, non so per voi – sono sotto gli occhi di tutti. Per carità: tutto può migliorare, figuriamoci a Brindisi dove il progetto universitario è appena partito. Eppure mi sembra di enorme importanza che il Presidente della Provincia e il Sindaco di Brindisi elogino e difendano pubblicamente l’esperienza universitaria in atto. Dovremmo rallegrarcene, e non creare polemiche da quattro soldi scimmiottando lo stile roboante ed enfatico delle campagne elettorali dei partiti politici.

Stefano Cristante

Anonimo ha detto...

Trasparenza, innovazione, più spazio alle "menti brillanti e giovani", al merito, più che all'illecito feudalesimo dominante, legalità (no, questa è una parola troppo grossa), più EUROPA finalmente anche a Lecce, ma soprattutto onestà, morale, culturale. Sono pienamente d'accordo con la sua opinione di maggiore interazione tra facoltà umanistiche, spesso trincerate in rocche antiche, cadenti e assolutamente inutili e tecnologia, due realtà in perfetta armonia, ma penso anche che le forze imprenditoriali debbano partecipare al colloquio con l'Università per apportare proprie idee davvero competitive e dare speranza ai futuri lavoratori, a tutti gli studenti che, dopo la laurea, dovranno interagire con il mondo delle professioni nell'incertezza della scelta.
Ritengo, personalmente, Laforgia più propenso ad interpretare una figura di rettore nuova, più all'avanguardia, malgrado stimi molto il prof. Strazzeri.
Ma voglio ricordarle il proverbio "chi è causa del suo mal pianga se stesso", in riferimento alla passata gestione, sottolineando che, andando un po' indietro nel tempo, è esistita un'età dell'oro dell'Università di Lecce, proprio durante il rettorato del prof. Angelo Rizzo, che sembra quasi dimenticato, mentre è riuscito davvero a far crescere l'Università e tutto il Salento, trasformandoli in realtà riconosciute per importanza e innovazione in campo nazionale e internazionale. Ma soprattutto era un Uomo di alta moralità, semplicità e cultura. In quel tempo non esistevano scandali, debiti e drammi: piuttosto l' idea di Università di vetro di cui lei parla molto bene era realizzata, ed era davvero brillante e resistente, luminosa al sole come un diamante.
Spero possa tornare a risplendere, un giorno, per il bene di una terra bellissima, perfetta e soffocante, come il Salento: una terra che possa richiamare i suoi giovani figli da lontano, o riesca ad allettarli convincendoli a restare, invece di farli fuggire per mancanza di prospettive e obiettivi.

Distinti saluti

Una voce femminile fuori dal coro