E' attiva la moderazione dei commenti. La pubblicazione avverrà nel più breve tempo possibile.
E' stato realizzato uno spazio dedicato ai commenti anonimi.

giovedì 18 ottobre 2007

Intervento di Bruno Pellegrino

di Bruno Pellegrino
Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia


Quando si addensano nubi su una istituzione per la quale mi sono appassionatamente e disinteressatamente speso fin dal lontano 1963, mi sento tradito da coloro che, consapevolmente o no, le hanno procurate. Accolte dal ministro le dimissioni del rettore e avviatasi la campagna elettorale per il nuovo mandato, sono riuscito a mantenere da luglio ad oggi una sorta di silenzio stampa personale, a non concedere interviste e a diffidare da un lato la stampa stessa, dall’altro non pochi colleghi ed amici, dal fare il mio nome come possibile candidato rettore. Continua a leggere...

1 commento:

Gruppo Promotore ha detto...

CONTINUAZIONE DEL POST:

Credo ora giunto il momento, alla vigilia delle operazioni di voto e come ho sempre fatto nelle precedenti analoghe circostanze, di rendere pubbliche alcune mie considerazioni.
Nessuna intenzione sentenziosa: sa bene, chi fa ricerca storica, che non si esprimono giudizi, ma che si cerca solo di capire. Le nubi di cui parlavo sono dovute a comportamenti che, se pure siano passibili di censura (mi auguro di tutto cuore di no e comunque lo decideranno gli organi competenti e la coscienza di tutti coloro che vi sono rimasti coinvolti), quanto al valore della didattica offerta e della ricerca realizzata nell’ateneo salentino, nulla, o quasi, hanno a che fare con la nobile e faticosa cinquantennale storia della realtà universitaria leccese avviata da Codacci Pisanelli e costruita con gli storici mandati rettorali durati ambedue nove anni di Donato Valli e del compianto Angelo Rizzo e, da ultimo, di quello di Oronzo Limone, durato circa sei anni. Ma le nubi hanno indirettamente oscurato anche questa ancora validissima realtà didattica e di ricerca che l’ateneo offre al territorio ed alla comunità scientifica nazionale e internazionale.
Mi pare di capire che le criticità emerse attengano a tre ordini di questioni, morale, edilizia, finanziaria: rilevanti problematiche, tra loro intrecciate, che dovranno essere affrontate da chi, collegialmente governando, si accinge a svolgere il “servizio” di rettore. Su tali materie, per quanto mi riguarda, ritengo opportuno precisare che, in uno degli ultimi senati accademici, di fronte alla scelta ormai obbligata del polo diffuso in città (peraltro a me congeniale e da me programmato e pubblicamente illustrato nel 1994 durante il rettorato Rizzo e ribadito comunque anche come possibile accanto a quello di un eventuale campus unico nella relazione da me sottoscritta e inviata dal Rettore al Ministero nel 2003), ho auspicato che tale scelta obbligata fosse, per le Facoltà umanistiche, non l’ultimo atto di una farsa, ma l’ultimo atto di una commedia a lieto fine, dovendosi purtroppo constatare che nulla o quasi negli ultimi tre anni è stato realizzato ad eccezione della nuova sede del Rettorato e di parte dello Studium 2000 (che però è progetto finanziato durante il mandato di Angelo Rizzo). Sia chiaro che non voglio con questo sottolineare presuntuosamente che le mancate realizzazioni per le Facoltà umanistiche siano dovute al fatto che da tre anni io non ho più la delega in materia; delega peraltro esercitata, considerando le ore, settimane, mesi ed anni di faticoso e delicato lavoro da me svolto, senza percepire indennità alcuna.
Sulla questione finanziaria devo ricordare che, in sede di approvazione dell’ultimo bilancio, in particolare per quanto concerne la mancata riutilizzazione allo stesso scopo del budget riveniente dal turn over del personale docente, ho dichiarato di avere la percezione che ci fosse un “buco nero indistinto ed indistinguibile” divenuto un “pozzo di San Patrizio” per la copertura di altre spese (che saranno state sicuramente legittime in quanto sempre comunque filtrate da un Consiglio di Amministrazione e approvate nei bilanci).
Per non parlare poi della mia Facoltà, che ho dovuto difendere da attacchi e tentativi di intromissione e il cui potenziale didattico non è stato consentito di sviluppare, pur essendo stato possibile farlo senza aggravio di spesa per l’ateneo.
Tornando al problema generale delle condizioni di emergenza nelle quali ci siamo visti costretti ad andare verso la consultazione elettorale in corso, sono certo che quasi tutti avrebbero voluto evitare queste inattese elezioni.
Solo tre mesi fa, nessuno ci pensava. Alla carica ci si predispone anni prima. E l’attuale senato accademico, infatti, quasi unanimemente (se non ricordo male ero fuori sede per motivi di ricerca) aveva molto per tempo modificato i termini statutari che avrebbero consentito al rettore uscente di ottenere la conferma nella carica.
Ma solo tre mesi fa l’intervento giudiziario ha costretto il rettore a dimettersi e ha costretto quello che fino ad allora era stato un tranquillo senato accademico a far predisporre in tutta fretta dal decano e dal pro rettore tempi e modalità per un rinnovo anticipato della carica. Un candidato alternativo, il prof. Domenico Laforgia c’era già, da tempi non sospetti. Ed a lui è andata la mia attestazione di stima e una positiva considerazione della coerenza e realistica organicità del suo programma e dell’alto livello della sua personalità accademica. Poi, altri illustri capacissimi colleghi, all’orizzonte dei quali, prima di pochissimo tempo addietro, non si era in alcun modo e per nessun motivo profilato il desiderio di fare il rettore, hanno via via dichiarato la propria disponibilità, alcuni per tempo e poi ritirandola, altri solo ipotizzandola, altri infine facendola comparire ex abrupto.
E’ mio modesto parere che tutti questi candidati “aggiunti” - chi più chi meno, in particolare l’ultimo – abbiano necessariamente subito il condizionamento dell’improvvisazione (anche psicologica, è comprensibile ed umano) e che da questo elemento, dalla brusca interruzione del mandato e da un ingiustificato ed ingiustificabile progressivo processo di demonizzazione della candidatura di Laforgia (messo subdolamente in atto, non dai concorrenti, che anzi spesso ne sono all’oscuro, ma dagli inevitabili mestatori di turno di grande o piccolo calibro), sia sorta la aticipità di una campagna elettorale che non poteva non essere anomala nelle forme e nei tempi. Una campagna elettorale, tuttavia, che credo si sia svolta con tutti i crismi del rispetto reciproco dei diretti candidati e del loro confronto simultaneo (almeno, quest’ultimo elemento, per i tre, Laforgia, Castellano e Strazzeri, che hanno accettato di avere il tempo di confrontarsi). Un confronto nel quale mi sarebbe piaciuto vedere inseriti anche i colleghi Zara ed Adamo, oltre gli ultimi arrivati, Bianco e Fino: tutti, tutti, ottimi professori universitari che saprebbero svolgere egregiamente il “servizio” di rettore.
Per quello che fino ad oggi è dato sapere, va rilevato che tra i colleghi che hanno esplicitato sulla stampa la loro preferenza è sembrata prevalere una preferenza per Laforgia. L’ex-rettore Donato Valli ha affermato con chiarezza che in questo turno il criterio ispiratore per la scelta dovrebbe essere quello della turnazione, secondo il quale la carica tocca ad un esponente delle facoltà scientifiche.
Quanto a me, ho sempre espresso pubblicamente e senza remore di alcun genere la mia preferenza prima di andare a votare indicando ogni volta un candidato (che poi è divenuto in realtà rettore): anche questa volta, indicando Domenico Laforgia, come a suo tempo ho fatto per Donato Valli, per Angelo Rizzo, e per Oronzo Limone spero di vedere giusto. Tengo a precisare che quando nel 2001 mi espressi per Limone, come faccio oggi per Laforgia, lo votai perché il collega, delegato all’orientamento dal rettore Angelo Rizzo, aveva predisposto un progetto di orientamento elaborato così bene da essere ripreso come prototipo a livello della Comunità Europea, facendo io superare con tale argomento le incertezze che non pochi colleghi a me vicini avevano nei confronti dello stesso Limone.
A meno che non sia determinata da una connivenza con oscure e interessate regie, non sono proprio riuscito a capire perché sia più volte circolata la voce di una caratterizzazione manichea dell’elettorato e dell’andamento della campagna elettorale.
Desidero, in conclusione, entrare nel vivo del dibattito e degli sviluppi cui abbiamo assistito il giorno della presentazione delle candidature. Innanzitutto sento di dover esprimere il mio vivo apprezzamento per il collega Marcello Strazzeri: se è vero che gli si voleva imporre all’ultimo momento di ritirarsi per far posto ad Antonio Fino, ha avuto un lodevolissimo scatto d’orgoglio decidendo di mantenere la propria candidatura. Indiscutibilmente estemporanea, come ho avuto modo di dirgli personalmente quando me lo ha anticipatamente comunicato, è la comparsa in scena del Preside di Lingue.
Premesso che sull’autenticità della sua buona fede e sulla bontà delle sue intenzioni metterei ambedue le mani sul fuoco, mi consento un amichevole richiamo della sua attenzione sul tono fondamentalista e sul contenuto scarno ed improvvisato (come egli stesso ha riconosciuto) dell’intervento svolto. Possibile che gli siano sfuggite le conseguenze del presentarsi come candidato al di sopra delle parti? Quindi, gli altri candidati, dei faziosi! E così tutti i loro elettori! Possibile che non abbia avuto la consapevolezza che si è, tutti, delle parti? Possibile che non abbia solo per un attimo riflettuto che quegli “amici” (come ha detto), che gli hanno all’ultimo minuto procurato due notti di tormentata “solitudine” onde prendere una decisione, avrebbero potuto farsi vivi prima, in maniera tale da consentire per tempo alla generalità degli elettori (considerata la necessità per tutti i candidati di stare ai tempi particolari di questa particolare consultazione) una serena “valutazione comparativa”, come si dice nei nostri concorsi, anche del suo programma e della sua personalità accademica.
Ognuno di noi elettori, comunque, per fortuna, avrà la possibilità fra tre giorni, di esprimere liberamente una preferenza che, sono certo, sarà stata maturata nella sfera circoscritta della propria coscienza e sulla base degli elementi che avrà voluto e potuto acquisire e valutare. Risulta abbastanza evidente, ma lo sottolineo, che quanto sopra detto è del tutto personale e non è da me sottoscritto nella qualità di Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia, o delle altre cariche elettive che prima della attuale ho via via rivestito: la connotazione che più mi piacerebbe sentirmi attribuire è quella di uno studente iscritto nell’Università di Lecce del 1963, che in essa ha svolto fino ad oggi senza interruzioni e cedimenti alle tentazioni di altre esperienze, nella modestia delle proprie capacità, il proprio dovere.

BRUNO PELLEGRINO